La finanza comportamentale
Approccio alternativo alla teoria finanziaria efficiente
di Rachele Marsico
La finanza comportamentale è stata formulata all’Università di Chicago intorno al 1960, è stata l’ipotesi centrale della finanza per circa 30 anni, e si basa su tre argomenti:
- si suppone che gli investitori siano razionali e che quindi valutino i titoli razionalmente;
- ammesso che alcuni investitori siano irrazionali, i loro scambi, essendo casuali, hanno l’effetto di cancellarsi a vicenda, senza sortire effetti sui prezzi;
- quando l’investitore è razionale, valuta il titolo per il suo valore fondamentale, cioè il valore attuale dei dividendi futuri attesi, con un tasso di sconto corretto dal rischio.
Come conseguenza, in un mercato finanziario efficiente, il prezzo del titolo contiene tutte le informazioni disponibili, ed il prezzo si adatta al nuovo livello, corrispondente al nuovo valore dei dividendi attesi.
Se questo corrispondesse a realtà come ci spiegheremmo improvvise impennate o repentini crolli ai quali assistiamo da sempre?
La finanza comportamentale ci mostra come i fattori emotivi possano influenzare le scelte di investimento degli individui, che violano la teoria dell’utilità attesa: di fronte a due lotterie con uguale valore atteso, sceglie indifferentemente l’una o l’altra ma se evidenziamo che una delle due lotterie con eguale valore atteso una ha ad oggetto una possibilità di guadagno e l’altra un rischio di perdita l’atteggiamento cambia. Ma se detengo un titolo che ha registrato una notevole perdita quanto peserà i miei fattori emotivi nel decidere se vendere, conservare o, comprare?
Spesso l’eccessiva fiducia di sé ci induce a utilizzare una stessa informazione, a disposizione di tutti, in modo differente e basandoci sulle precedenti esperienze e convinzioni.
Le scelte effettuate in tal modo se risultassero esatte porterebbero ad un altro errore: attribuire il piccolo successo a proprie capacità, salvo poi a parlare di destino o sfortuna o casualità, in caso di insuccesso.